
Anche quest’anno le Aree Protette dell’Appennino hanno curato il tradizionale falò di San Giovanni di Ovada
L’ente di gestione delle Aree Protette dell’Appennino Piemontese anche quest’anno, con il suo personale, ha curato l’allestimento della catasta di fascine di legna per il tradizionale falò di San Giovanni a Ovada.
Tradizionalmente il fuoco di san Giovanni veniva acceso per il solstizio d’estate, la notte più breve dell’anno, per propiziarsi la benevolenza della grande Stella che è nei suoi giorni di maggiore potenza.
Il tempo dei solstizi e degli equinozi è da sempre considerato sacro dalle civiltà precristiane contadine che vedevano il periodo come il più fertile per i raccolti e come sparti acque dell’anno solare.

Intorno alle fiamme si danzava e si cantava per allontanare le forze maligne, i demoni, le streghe e tutti coloro che potevano creare danno alla comunità e, soprattutto, al raccolto.
Grande attenzione era riservata inoltre alla raccolta di alcuni particolari tipi di erbe, che in questa notte speciale che venivano considerate magiche e particolarmente adatte per la preparazione sia di filtri con facoltà curative e mediche, sia per le pozioni d’amore e per gli incantesimi; oppure semplicemente venivano utilizzate come talismani da conservare dietro la porta per attirare benevolenza fino all’anno successivo.
La rugiada di San Giovanni Battista, poi, che si deposita sulle piante, era considerata il bene più prezioso: si riteneva infatti che avesse il potere di curare, purificare, fecondare e per questo era raccolta e conservata in boccette di vetro.
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