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Il sito della Benedicta

Il cascinale della Benedicta, sede nel Medioevo di un monastero Benedettino e centro della proprietà terriera degli Spinola in età moderna, divenne la sede dell’intendenza partigiana della III Brigata Liguria nella primavera del 1944.
Della vecchia cascina, oggi proprietà della Regione Piemonte, è possibile vedere solo i ruderi e ciò che ne è rimasto dopo che le forze nazi-fasciste fecero saltare l’edificio l’8 aprile 1944, al termine dell’eccidio partigiano seguito al rastrellamento compiuto nei giorni precedenti nell’area di Capanne di Marcarolo.

In occasione della ricorrenza del Giorno della Memoria* e in attesa di pubblicare gli approfondimenti riguardanti il “Sito della Benedicta”, l’Ente Parco ha deciso di rendere pubblici alcuni colloqui con i testimoni oculari di quei giorni del ’44. Vengono pubblicate interviste agli abitanti della frazione Capanne di Marcarolo registrati dall’arch. Elisa Ravarino nell’ambito delle ricerche per lo sviluppo della borsa di studio dell’Ente Parco “Valorizzazione del patrimonio rurale e storico-ambientale del Parco naturale delle Capanne di Marcarolo”, dal titolo “Capanne di Marcarolo: un percorso audiovisivo (2004)”.

Vengono trascritti di seguito parti delle interviste insieme ad alcune fotografie della mostra “Gente di Capanne” esposta dal 2009 al 2010 presso l’Ecomuseo di Cascina Moglioni.

Note al testo (R: Ricercatore / T: Testimone / […] = una parte del testo è stata omessa. Si tratta di divagazioni, o di parole non comprese perfettamente / ( ) = annotazioni del Ricercatore).

Dati sul Testimone
Nome, cognome, soprannome: Maddalena Cereseto, Manin
Luogo di nascita: Capanne di Marcarolo, locanda degli Olmi

R: I tedeschi arrivavano qui a mangiare?
T: Sì, quando avevano fatto il rastrellamento si sono insediati qua. […] Mi ricordo che mia mamma aveva mio fratello che era piccolo, di là, adesso c’è il salone, ma prima c’era una cameretta […] e stavamo di là. E poi, quando è finito il rastrellamento son partiti e hanno portato via buoi, di tutto, pane, vino.
R: E come si comportavano qua?
T: A noi non hanno mai dato fastidio. Venivano tutti i giorni, andavano di là, buttavano all’aria il letto, dicevano: “Donna, bambino” e noi eravamo ragazze, sedici anni e non hanno mai dato fastidio […] (Si parla dei giorni dell’eccidio della Benedicta) E’ andata bene che si son presi mio papà e se lo son portati dietro, da giovedì e tornato al sabato, non sapevamo neanche dov’era. Poi al sabato è arrivato a casa. Ci han messo degli zaini, con delle munizioni dentro e l’han fatto andare sul Tobbio, mi pare … poi l’hanno fatto passare dove c’erano i morti. Poi è stato chissà quanti anni senza andarci più, perché gli erano rimasti negli occhi. Quegli altri l’hanno fatto passare apposta. […]
I tedeschi son stati qui 2-3 giorni solo per il rastrellamento, dal giovedì alla domenica. Poi venivano, venivano sempre, noi eravamo a dormire, sentivamo picchiare, mio papà si alzava veniva giù, una volta c’erano i partigiani, una volta c’erano i tedeschi, però meno male che non si sono incontrati mai! Al mattino, ci avevamo un po’ di roba da mangiare, al mattino ci alzavamo e non c’era più. Ma papà: ”E’ passata gente che aveva fame.” Non ci ha mai detto: “Son passati i tedeschi.”… lui era sempre … difatti non ci hanno fatto niente anche se avevamo dato da mangiare ai partigiani che avevano tanta fame, poverini. Certo non era una bella vita. Una volta, eravamo ancora a letto, son venuti su con il fucile, che paura. Abbiam dovuto alzarci, han buttato all’aria tutto, non avevamo niente. C’era un maestro, poverino, ci ha messo il portafoglio sotto il cuscino e come sono arrivati dentro lui si è messo a toccare sotto il cuscino e loro sono saltati là, lui cercava i documenti… si è spaventato, poverino … si è girato per fare vedere i documenti, perché lui era il maestro.
R: La Liberazione è stata una grande festa? Quando è arrivata la Liberazione?
T: Sì, dopo il 25 aprile, però le feste le han fatte giù. Qua hanno incominciato a venir su alla Benedicta quasi tutte le domeniche.
R: E avete fatto una bella festa?
T: Sì, senz’altro e hanno incominciato ad arrivare ‘sti militari, che erano via a piedi, anche all’8 settembre.
R: Ed è passato qualche reduce che si è fermato qui, alla locanda? Se ne ricorda uno in particolare?
T: Me ne ricordo uno che era di Campo Ligure, è arrivato, aveva una zappa sulla spalla per fare vedere che era un contadino. Chissà da dove veniva, non mi ricordo più, da qualche cascina qui accanto. […]

Dati sul Testimone
Nome, cognome, soprannome: Piera Repetto
Luogo di nascita: Capanne di Marcarolo, Cascina Spinola

R: I tedeschi, quando hanno fatto il rastrellamento, son venuti a cercare persone, lì, alla Spinola?
T: Uh, son venuti un mucchio di giorni lì, son arrivati, ma cattivi! Mamma mia, quanta paura! […] Avevo nove anni. […]
R(adg): Invece, di quei giorni della Benedicta, che ricordi ha?
T: Mi ricordo, quella mattina del Giovedì Santo, che mio padre e mia madre erano andati a Messa, alle dieci. Son arrivati subito a casa. Son andati alla Chiesa, e sono arrivati subito a casa, perché, in casa mia, c’erano i partigiani, che facevano il pane. Quelli che abitavano alla Cornagetta, perché alla Cornagetta c’erano i partigiani. […] Erano alla Benedicta, Cornagetta, la Grilla… beh, erano in diversi posti. E quelli della Cornagetta venivano a fare il pane, perché noi avevamo il forno, che non aveva quasi nessuno. E c’era un mucchio di pane. È arrivato mio padre, ha detto: “Andate via subito. Andatevi a nascondere, perché ci sono i tedeschi!” Hanno lasciato lì tutto quel pane. A mia mamma ce l’ha fatto rifare tutto, mio padre. Un po’ a modo, perché era tutto uguale, un po’ a modo, un po’ all’altro, per non far vedere che …poi l’ha fatto cuocere e poi i tedeschi se lo sono mangiato tutto. […] Poi sono arrivati, mia sorella, so che faceva la postina […] è andata a Campo Ligure, a prendere la posta a piedi, a piedi, perché allora si andava a piedi, perché strade non ce ne erano. E non arrivava più! Quanta paura! È arrivata che era buio. Sarà stato le quattro e mezza così, sono arrivati i tedeschi. La mitraglia sopra la casa, abbiam sentito! Mamma mia, se mi viene in mente! C’era, non era un partigiano … erano quelli che erano nelle famiglie, perché … uno o due ce li avevano tutti. […] c’era quello che ci avevamo noi e altri che erano alle Capannette, mi sembra. Son partiti, sono andati giù. Quello che ci avevamo noi è andato a nascondersi in faccia alla casa, che poi dopo qualche giorno chiamava, perché aveva fame. […] E’ partita mia sorella, con un pane e ce l’ha portato e ci ha detto: “Se puoi vai a casa, perché adesso sembra più calmo”. […] E’ andato a casa, e poi si è presentato e non è più venuto.
T(g): Si è presentato e si è consegnato. È andato in caserma e poi è andato in Germania.
T: È andato in Germania… e non l’han più visto, era di Mornese. Son arrivati i tedeschi, mamma mia, come erano cattivi! Tutti lì … hanno chiamato mio padre sulla porta, l’han fatto andare giù, con il fucile, uno da una parte, uno dall’altra, ci hanno guardato nelle tasche, son venuti su, tutte le camere, hanno guardato. Poi sono andati via. All’indomani mattina son di nuovo arrivati, allora hanno fatto andare tutti fuori, poi si son presi mio padre e han detto: “Ce lo portiamo con noi”. Noi bambini ci siamo messi a piangere, perché , mio fratello aveva quattro anni, e io ne avevo nove, gli altri erano più grandi, ma si son messi a piangere. L’hanno portato fino in vista alla Benedicta e poi l’hanno lasciato venire a casa. Era l’unico che era a casa, se no tutti gli altri li hanno portati via tutti con loro.
T(g): Hanno visto magari tanti bambini piccoli
T: Poi c’erano tutti i giorni, finchè ci son stati. Poi hanno messo la tenda, lì, in vista alla Benedicta […] Ma quelli lì erano bravi, venivano sì, sì. […] Poi quando hanno buttato giù la Benedicta … […] hanno ammazzato tutti quei ragazzi. […] C’erano tante cartucce, noi bambini li prendevamo e ci giocavamo …
R(adg): E, quando è saltata in aria la Benedicta, voi avete visto?
T: Io no, ma mio padre e le mie sorelle, quando sentivano qualche colpo, andavano un po’ a vedere. Dicevano : “Hanno buttato giù…”. C’era una cappella, c’era la casa della marchesa. Dicevano hanno buttato giù qua, lì. Invece dove abitavano le due famiglie, quella lì l’hanno bruciata, non l’hanno buttata giù, che è quella verso Merigo. […] La Cornagetta l’han bruciata.[…]
T(g): Sì, perché c’erano i partigiani. La Grilla no, però!
T: Non so, la Grilla non so, perché io non mi ricordo…
T(g): Belin, questa intervista avresti dovuto farla un nostro amico che è morto: Michunin, un ex partigiano. Partigiano … lui armi non ne aveva niente, non ne aveva mai avute.
R(adg): Era stato alla Benedicta?
T: Alla Grilla. Alla Benedicta era stato, cioè ci doveva andare, quando è arrivato al Pizzo, belin, ha sentito sparare … le pallottole… si è messo in un solco del campo, è scappato, è andato via, perché se andava alla Benedicta lo ammazzavano anche lui. Ha avuto fortuna.
R: Invece, si ricorda qualcosa, finita la guerra, quando son venuti a prendere i morti?
T: Sì, son venuti i suoi, perché i più tanti erano di paesi qua vicino, di Bosio, Gavi . I più tanti erano di qui. […] mi avevano detto che li prendevano cinque per volta. […]
T(g): Nanni e Paulin li hai conosciuti? (Rivolto a Tadg) Suo padre c’era, alla Benedicta, gli han detto: “Venire con me, venire a vedere uccidere ribelli” gli ha detto il capo tedesco, “Vacci te” gli ha detto “che io ne ho visti ammazzare tanti poveri ragazzi che io non ci vengo di sicuro!”. Ma lui aveva già fatto la guerra del ’15-’18.
T: Come mio padre.
T(g): E non ci è andato, non ce voluto andare. “Prendere carretta e buoi e venire con me” gli han detto a Nanni o Paulin, non so, i figli, “No, no vengo io” ci fa “Ma lei essere vecchio” “Vecchio io?” gli ha detto “Io ho fatto la guerra prima di voi!”, “Va beh, allora venire voi!” […]

1945. Funerali a Masone (GE) dei partigiani fucilati presso Villa Bagnara (Masone) durante l’ultimo conflitto mondiale.

Famiglia Repetto. Foto di gruppo presso Cascina Spinola, Capanne di Marcarolo, Bosio (AL).

Cascina Benedicta. Foto del dopoguerra.

Le foto e le didascalie esposte sono state messe a disposizione da: Isidoro Repetto, Giuseppe Repetto, Piera Repetto, Angela Repetto, Giovanni Merlo, Piera Cereseto, Maddalena Cereseto, tutta “Gente di Capanne”…. nell’ambito della mostra anno 2009.

Giorno della Memoria*

Il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, dell’Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati.

Il testo dell’articolo 1 della legge così definisce le finalità del Giorno della Memoria: “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

La scelta della data ricorda il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, nel corso dell’offensiva in direzione di Berlino, arrivarono presso la città polacca di Oświęcim (nota con il nome tedesco di Auschwitz), scoprendo il suo tristemente famoso campo di concentramento e liberandone i pochi superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazista.

 

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